Tra poco più di due settimane si apriranno le porte del Festival di FinTechStagel’evento che attraverserà tre città italiane coinvolgendole in un maratona su argomenti Fntech. Matteo Rizziresponsabile dell’evento, che si terrà a Roma, Milano e Torino, dal 7 al 10 maggio, ha rivolto tre domande via Whatsapp a un importante esperto di fintech, Roberto FerrariGroup Chief Digital and Innovation Officer di Mediobanca.

Designato da Notizie finanziarie del Notizie dal WSJ nella lista dei Top40 FinTech Powerpeople 2015 in Europa, Ferrari È stato inoltre European Marketing Director presso Procter & Gamble, occupandosi, tra le altre cose, di Corporate New Ventures. Roberto Ferrari è stato Direttore Generale di CheBanca! dal 2013 al 2017 ed è autore del libro Autore del libro: “L’era del Fintech: la rivoluzione digitale dei servizi finanziari”.

Ferrari

Intervista a Roberto Ferrari

FinTechStage Festival Anno quattro: Roberto Ferrari, tu sei sempre stato presente, quindi grazie, vedi un’evoluzione?

Quando è iniziato il FintechStage Festival, la parola Fintech in sé era ancora molto poco conosciuta in Italia. Ricordo la curiosità per i temi e anche la presenza di diversi ospiti internazionali di Venture Capital curiosi di vedere e scoprire cosa c’era di disponibile in Italia. CheBanca! era davvero uno dei pochissimi player dove si lavorava già sui temi fintech che oggi sono più diffusi. Insomma, da queste parti eravamo ancora allo stadio “zero punto uno”. Era quasi un kick off del Fintech in Italia.
Oggi FinTechStage può permettersi di fare un Festival in Italia con quattro palchi e diversi sponsor istituzionali importanti. C’è quindi molta più consapevolezza dell’importanza della trasformazione digitale dei servizi finanziari e, posso dire, c’è molto più lavoro concreto dietro le quinte. Ci sono anche diverse startup italiane che hanno preso forza e tutto l’ecosistema italiano è molto più pronto di quanto non fosse quattro anni fa.

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Infine, anche in Italia abbiamo il regolatore e il campo di allenamento: cosa ne pensi?

Come dicevo, l’ecosistema sta crescendo. L’attività del regolatore (penso a Mef e Consob in primis ma anche allo stesso Parlamento italiano alla fine della scorsa legislatura) è sotto gli occhi di tutti. Molto è cambiato e sta andando nella giusta direzione. Io stesso ho partecipato ad alcuni tavoli di lavoro tra operatori e istituzioni e posso dire che l’approccio e il clima sono stati assolutamente positivi, diverse cose sono già state fatte, come, per citarne due, l’aggiornamento della normativa sul crowdfunding e i chiarimenti di Bankit sul digital lending. Il Fintech deve essere vissuto da tutti gli stakeholder come un abilitatore potenzialmente molto forte per aiutare l’Italia a recuperare il gap con il resto del mondo – che sta correndo a velocità per noi ancora impensabili -. Un mio suggerimento: non è importante legiferare – anche perché siamo ancora all’inizio dello sviluppo del settore -, è molto importante invece legiferare bene, tenendo presente che ormai il quadro competitivo non è più locale, ma europeo se non globale. Una regolamentazione che consenta alle aziende italiane di giocare almeno ad armi pari con i competitor stranieri e quindi di poter pensare anche a come espandersi all’estero partendo dall’Italia, creando così valore aggiunto per il Paese.

Da pioniere a pioniere del Fitech, Roberto Ferrari… cosa succede ora? Dipingere i secondi dieci anni di Fintech che abbiamo davanti.

Qualche anno fa tutti parlavano di disruption. Non mi è mai piaciuta questa parola. Molto Silicon Valley e poco adatta al settore finanziario, iper-regolamentato e poco globale (retail), e quindi diverso dagli altri settori. Preferisco la parola “Renovation”. Sarà profonda, sostanziale e non superficiale. Il Fintech entrerà in tutte le nostre case e nelle liste progetti di ogni demand manager del settore finanziario. La concorrenza crescerà, ci saranno anche diversi tipi di business model, l’egemonia ultra-centenaria del modello Universal Bank finirà a favore di player più specializzati, che avranno saputo utilizzare con più agilità l’avvento degli strumenti digitali. La stessa Universal Bank dovrà affrettarsi ad adottare quanto più fintech possibile. Insomma, il Fintech sarà la chiave per rinnovare l’offerta generale, per arrivare – soprattutto attraverso AI (dove A sta per augmented), API e nuove soluzioni back end – a un vero banking 1to1.
Guardando al mondo occidentale, questo si tradurrà in più competizione, più diversificazione, più efficienza e costi più bassi, più offerta. Grazie al fintech, che è di fatto la seconda, potentissima, fase della digitalizzazione dei servizi finanziari, sia i clienti che le aziende vivranno molto meglio. Guardando alle economie emergenti, Cina e Asia, il fintech colmerà sempre di più il divario tra l’industria finanziaria e miliardi di persone che sono ancora unbanked, portando benessere e crescita. Insomma, sarà il decennio del cambiamento. Come nel commercio al dettaglio, l’e-commerce e la sharing economy stanno trasformando completamente il modo in cui acquistiamo e/o utilizziamo beni e servizi. A dirla tutta, anche le distanze artificiali tra e-commerce, sharing economy e fintech si ridurranno se non scompariranno. Il mondo dei pagamenti sarà la cerniera.

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